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Epistole di S. Paolo ai Romani 7:11-25 Versione Diodati Riveduta (RDV24)

11. Perché il peccato, còlta l'occasione, per mezzo del comandamento, mi trasse in inganno; e, per mezzo d'esso, m'uccise.

12. Talché la legge è santa, e il comandamento è santo e giusto e buono.

13. Ciò che è buono diventò dunque morte per me? Così non sia; ma è il peccato che m'è divenuto morte, onde si palesasse come peccato, cagionandomi la morte mediante ciò che è buono; affinché, per mezzo del comandamento, il peccato diventasse estremamente peccante.

14. Noi sappiamo infatti che la legge è spirituale; ma io son carnale, venduto schiavo al peccato.

15. Perché io non approvo quello che faccio; poiché non faccio quel che voglio, ma faccio quello che odio.

16. Ora, se faccio quello che non voglio, io ammetto che la legge è buona;

17. e allora non son più io che lo faccio, ma è il peccato che abita in me.

18. Difatti, io so che in me, vale a dire nella mia carne, non abita alcun bene; poiché ben trovasi in me il volere, ma il modo di compiere il bene, no.

19. Perché il bene che voglio, non lo fo; ma il male che non voglio, quello fo.

20. Ora, se ciò che non voglio è quello che fo, non son più io che lo compio, ma è il peccato che abita in me.

21. Io mi trovo dunque sotto questa legge: che volendo io fare il bene, il male si trova in me.

22. Poiché io mi diletto nella legge di Dio, secondo l'uomo interno;

23. ma veggo un'altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente, e mi rende prigione della legge del peccato che è nelle mie membra.

24. Misero me uomo! chi mi trarrà da questo corpo di morte?

25. Grazie siano rese a Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore. Così dunque, io stesso con la mente servo alla legge di Dio, ma con la carne alla legge del peccato.

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